sexta-feira, 12 de novembro de 2010

il futuro dei social network

Por Claudio Messora

http://www.byoblu.com/post/2010/11/11/il-futuro-dei-social-networks.aspx#continue

In merito all'espropriamento del mio account Google, (e quindi del mio canale YouTube, dell'account Adsense e di quello Analytics), di cui oggi riporta anche Beppe Grillo che ringrazio, vorrei precisare che il punto non è banalmente la cancellazione della posta o la semplice perdita dei dati. Si tratta di una questione più ampia e molto più centrale che non va ridotta a una semplice attività di backup. Tra l'altro, i backup dei contenuti video li ho tutti: svariati tera costantemente in aumento che mi costringono ad acquistare sempre nuove attrezzature, sulle quali è certo meglio non lesinare.

Chi si è impadronito delle mie credenziali, utilizzando un sistema che attualmente è materia di indagine, si è impadronito anche del mio account YouTube. Può farne quindi ciò che vuole, compreso eliminare singoli video, l'intero profilo o semplicemente inviare messaggi o scrivere commenti a nome mio, magari diffamatori.

Perché è così grave un'eventuale eliminazione dei contenuti, se si hanno i backup degli stessi?

Il valore degli sforzi nel web 2.0 non risiede come si potrebbe essere indotti a pensare nei file, che possono essere ricaricati, ma nella complessa costruzione relazionale conseguita con il duro lavoro di anni. Cancellare un account significa cancellare tutte le indicizzazioni nei motori di ricerca (di gran lunga il danno peggiore), tutto il patrimonio di commenti, le 10 mila iscrizioni, i 4 milioni di visualizzazioni che costituiscono un fondamentale strumento di comunicazione, di trasferimento di conoscenza. I contenuti, magari in settimane di sforzi e a colpi di gigabyt, possono essere ricaricati, ma le relazioni non si ricostruiscono se non in un tempo analogo perlomeno a quello che ci è voluto per crearle, dando per scontato che abbiano la stessa sorte.

Questa è la reale implicazione del danno, che dunque non si risolve semplicemente "con un backup". E mi meraviglia continuare a sentire commenti semplicistici in tal senso.

Dovremmo piuttosto interrogarci sui diritti di cittadinanza digitale. Se investiamo tutta la nostra vita nella produzione di contenuti, e quindi nella valorizzazione del contenitore, costituendo dunque una ricchezza per chi offre i servizi digitali e non il contrario, per poi ritrovarci nudi di fronte a una serie di procedure automatiche quanto inefficaci, senza un numero di telefono da chiamare, senza un sistema per inoltrare un documento di identità, senza una risposta mentre il tuo lavoro va in fumo, allora c'è una asimmetria tra i nostri diritti e i nostri doveri che è bene cominciare ad affrontare. E non si tratta di una mera questione contrattuale, si tratta di guardare la luna e non il dito, perchè i contratti restano tali fintanto che non subentrano ragioni per modificarli. Domandiamoci: abbiamo ragioni per costruire insieme un percorso che abbia come obiettivo un mondo dove l'utente non è semplicemente un utonto, ma costituisce un prezioso valore da tutelare?

Avete per esempio lavorato per anni al vostro account Facebook, creando valore. Un incommensurabile valore relazionale, un tesoro di collegamenti, di immagini, documenti, pagine, eventi. Lo avete fatto contribuendo alla ricchezza e al valore di un'azienda che fonda sul vostro tempo la sua quotazione. Improvvisamente, una mattina, vi svegliate e vi accorgete che non avete più nulla. Non potete chiamare nessuno, se non rispondere a domande preconfezionate che non risolvono il vostro caso particolare, in seguito alle quali nessuno vi contatta, perché non siete nessuno, non valete più niente e non avete i ganci giusti per parlare con chi viceversa potrebbe risolvere tutto con una telefonata.

Ma sarebbe giusto farla, quella telefonata? Non dovete chiedervi se 'avete fatto il backup' o cosa diceva 'la ventesima postilla della quarantunesima pagina del contratto'. Dovete chiedervi: è giusto che io venga trattato così? Perchè sono le vostre aspirazioni, sono le vostre visioni che determinano il futuro in cui vivrete. E' la vostra convinzione della necessità di un cambiamento che creerà le condizioni per un riequilibrio di questa enorme disparità di valore.

L'impossibilità di contattare chicchessia, nel momento in cui la tua vita relazionale web 2.0 va in fumo, per i motivi più disparati tra i quali la chiusura dell'account sic et simpliciter, senza spiegazioni da parte del fornitore di servizi (facebook in primis), deve essere oggetto di riflessione più approfondita. Anni di relazioni sociali sviluppate in rete sono un valore che necessita di maggiore attenzione e di maggiore tutela da parte di chi tutto sommato eroga un servizio che si basa esclusivamente sulla capacità produttiva degli utenti, sulla loro vita, quasi che fossero attori di un film che il produttore gira in un enorme reality show al quale tutti partecipano inconsapevolmente, senza scrittura, senza compenso, mentre i loro nomi gonfiano le quotazioni di borsa della casa di produzione. A maggior ragione in un tempo in cui si parla di nuvole (cloud computing) e un'oligarchia di pochi soggetti accentra ed esternalizza sempre di più i dati e perfino le applicazioni. Presto vivremo in un mondo dove i computer domestici torneranno ad essere terminali di un server remoto, localizzato e replicato da qualche parte, laggiù, nella nuvola. I nostri dati non saranno più nostri, i nostri software non saranno più nostri, o lo saranno fintantoché un abile cracker non riuscirà a sottrarci le chiavi di casa.

Allora dormiremo fuori, non importa quanto freddo faccia e quanto ci sgoliamo, perché se resti senza documenti, senza abiti, senza accesso, sei solo un povero pazzo che urla per strada di notte.

Ogni evoluzione richiede la maturazione di processi cognitivi, di una disciplina in grado di gestirne le implicazioni e, talvolta, le complicazioni. Non tutto quello che si può fare, va fatto solo perchè è possibile farlo. Come la scienza dovrebbe avere l'obbligo etico di chiedersi: 'è giusto farlo? ' prima di infilare una cannula nel cervello di una creatura vivente, così nell'era dei numeri puntati (2 punto 0, 3 punto 0) bisogna contemperare l'esigenza di avere strumenti sempre più evoluti con la cura e l'attenzione che si conviene all'inviolabilità della nostra persona, dei nostri valori, della nostra privacy e al rispetto che di questo patrimonio è giusto chiedere ed ottenere. Niente accade se non si forma la giusta consapevolezza, se nella coscienza collettiva non si realizza un'aspettativa.

E' necessario prendere coscienza della visione che presiede ai nostri tempi e non ridurre tutta la nostra capacità di analisi e di predeterminazione del corso degli eventi sociali a una banale rappresentazione "contrattuale" o "tecnica", come può essere ad esempio limitarsi a suggerire un backup o a ricordare i termini contrattuali.

Qui è in gioco qualcosa di più di una postilla contrattuale, magari vessatoria. E' in gioco il modello di diffusione della conoscenza e dell'informazione che stiamo creando con le nostre mani e che lasceremo a chi verrà dopo di noi.

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