sábado, 15 de janeiro de 2011

La lezione di Mirafiori


di Andrea Aimar

Alla fine i sì hanno vinto, seppur di poco.
Ce lo si aspettava, ma rimane qualcosa nella consultazione di Mirafiori alla quale qualcuno dovrà prima o poi rispondere. Nonostante il martellamento mediatico e i consigli non richiesti da parte di tutti gli opinionisti e di tutta (o quasi) la politica, le lavoratrici e i lavoratori hanno di fatto espresso un chiaro dissenso all'accordo. I sì hanno vinto grazie alla percentuale bulgara espressa dagli impiegati: fosse stato per il voto di operai e operaie avrebbe prevalso il no. Sarà un caso ma l'accordo va a peggiorare nettamente le condizioni dei secondi. Anche in chi si è espresso positivamente c'è la risposta obbligata ad una domanda con una pistola alla tempia, frasi del tipo “è uno schifo ma che possiamo fare?”.
Insomma politicamente il sì ha perso, e non è detto che il futuro in questo non ricalchi la mano.

Va dato atto del coraggio dei tanti no, loro soli sono riusciti a porre un tema al paese che la politica ha bellamente ignorato: dove debbono fermarsi le ragioni dell'economia davanti alle ragioni dell'essere umano “in carne ed ossa”? Qual'è il limite dello sfruttamento del lavoro umano in nome di concorrenza, maggiore produttività, “sviluppo”? Esiste un limite? Domande rimaste inevase che il voto operaio ha posto al centro della contesa per chi vorrà comprendere. C'è da riflettere fino a che punto Marchionne si può permettere di spremere il lavoro in nome di alti guadagni, quote azionarie da remunerare, livello del profitto da consolidare ed aumentare per rassicurare le borse.

E del tutto paradossale che nel dibattito di questi giorni si ragionasse dell'economia e del mercato come un qualcosa di esogeno alle persone. Come se il punto non fosse il benessere umano ma le astratte e fredde ragioni di qualche azionista che ama fare soldi con i soldi.

C'è poi la partita del modello di sviluppo, di questo ci piacerebbe parlare. Dobbiamo nuovamente ringraziare i lavoratori e le lavoratrici di Mirafiori perchè ci hanno permesso e ci permetteranno di farlo. Quale futuro per l'industria dell'auto? Il piano Marchionne, alla prova dei fatti tutti da verificare, dovrà consentire di produrre SUV a Torino o meglio: assembleare a Torino gran parte delle cose prodotte negli Stati Uniti e far tornare negli States gran parte del prodotto finale.

Alla faccia della filera corta, alla faccia di chi sostiene la centralità del territorio. Non è un segreto che dietro l'accordo di Mirafiori ci sia l'ennesima operazione con cui Marchionne si sposterà sempre più oltre oceano. Non è un segreto che la progettazione e la ricerca, ossia la testa dell'azienda, parli sempre più in americano. Mirafiori non ha futuro e non perchè i lavoratori e le lavoratrici hanno espresso il loro dissenso. Mirafiori non ha futuro perchè produrre SUV altamente inquinanti ed energivori è una scelta senza prospettive in un contesto che obbligherà nei prossimi anni a ragionare di mobilità sostenibile e collettiva. Mirafiori non ha futuro perchè se la competizione vorrà essere giocata sul costo del lavoro ci sarà sempre qualcuno disposto a condizioni ancora peggiori. Mirafiori non ha futuro perchè non ci sarà la ricerca di una produzione alternativa di un settore saturo che non tiene conto dei limiti fisici e ambientali di un pianeta.

Qualcuno prima o poi dovrà affrontare questi temi, qualcuno dovrà interrogarsi su quali bisogni deve innestarsi la produzione e a quali condizioni. Cosa produrre? Perchè? Domande che sarebbe bello sentir fare dalla politica. Mirafiori racconta inoltre dell'ennesima sconfitta della politica: incapace di una propria autonomia, subalterna agli interessi “globali” del Marchionne di turno, muta e priva di una progettualità di medio e lungo periodo. Anche i fautori del sì su questo dovranno darsi alcune risposte, e non sarà cosa piacevole.

Ed infine: chi e come rappresenterà politicamente quei no?

Nel '39 a Mirafiori il Duce ricevette una brutta accoglienza da parte degli operai che si rifiutarono di salutarlo, per chi volle capire era la rappresentazione di un'esigenza di un cambiamento che poco dopo verrà sotto il nome di resistenza. Mirafiori racconta anche questo, bisogni di cambiamento.

FIM

Extraído do blog italiano Officine Corsare

http://www.officinecorsare.org/index.php

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